venerdì 7 giugno 2013

«Il Turritania? Come il Colosseo»


1934, piazza Sant'Antonio senza il Turritania ma con un'altra "presenza"


All’Azuni c’era un famoso professore che confermava per cinque anni il voto dato nella primissima interrogazione (nel mio caso un sei e mezzo). Si chiama effetto primacy ed è il peso della prima impressione nel giudizio che formiamo sugli altri. Così è stato per l'Hotel Turritania, il decadente cubo di cemento in fondo a Porta Sant'Antonio: molti sassaresi l’hanno subito guardato storto. Tanto che nel marzo del 1947, a soli tre anni dalla sua parziale elevazione, il babbo dell’opera - l’architetto Vico Mossa - fece un’uscita pubblica per difendere le sorti di quella che all’epoca era un’incompiuta: in città c’era chi chiedeva con vigore l’abbattimento dei due piani realizzati. Il progettista scrisse due fitte pagine per il Corriere dell’isola, spiegando che c’erano poche alternative. Per riassumere il suo punto di vista propongo un immaginario botta e risposta: il fatto che l’opera venne poi completata fa pensare che le argomentazioni di Mossa fecero breccia tra i sassaresi.

Perché si è consentito di costruire un tappo proprio alla fine del Corso?
Il tappo è stato creato a fine Ottocento dalla ferrovia, che ha tagliato in due la strada reale di Porto Torres, provocando la realizzazione di uno scomodo cavalcavia a gomito verso corso Trinità.

Non si poteva lasciare libero lo spazio almeno per salvaguardare il panorama verso il Golfo dell’Asinara?
In realtà non c’era nessun panorama perché il Golfo è visibile solo da pochi punti del Corso; la ferrovia e le brutte case oltre i binari rappresentavano un pessimo fondale. C’era l’esigenza di creare una quinta che chiudesse ordinatamente quello spazio.

Era stata progettata un'altra soluzione?
Il Piano regolatore aveva previsto che un portico girasse intorno alla piazza. Nel mezzo si pensava di realizzare un giardinetto dove collocare la fontana di San Francesco copia di una presente a Milano. Poi il podestà Giacomo Crovetti mi chiese di redigere il progetto per edificare qui la sede dell’Ente comunale di assistenza. Dissi che forse non era la sede migliore per realizzare una struttura a finalità sociale, ma era l’unica grande area libera di proprietà comunale.

Ora si vuole demolire l’edificio poiché l’ente assistenziale non è in grado di completarlo. È d’accordo?
I lavori sono iniziati nell’ottobre del 1942 e sono stati bloccati nel febbraio del 1944. Condivido che la struttura non possa rimanere monca come ora. A meno che non si realizzi il porticato previsto dal piano regolatore, credo sia meglio ultimare l'edificio e dargli un’altra destinazione.

Chi vuole raderlo al suolo sostiene anche che così si ridurrebbe il giro malavitoso che ruota intorno all’area.
In passato qualcuno voleva abbattere il Colosseo con la stessa motivazione: era il ritrovo della malavita romana.

Quindi il tappo deve rimanere.
Per i nostalgici della vecchia strada verso il mare si può costruire al massimo un cavalcavia pedonale prolungando i due vicoli ciechi. Credo che in piazza Sant’Antonio ci siano palazzi molto più indegni di trovarsi all’ingresso della città.




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