Antonio Pirisi a Casa Serena |
“Conosci Aggius?”. “Sì, Presidente!”. Questa è la storia di due sardi, un muratore e un personaggio storico, che si sono riconosciuti a vista.
Tutto
è iniziato a Brindisi alla fine del 1948. Il giovane Antonio Pirisi aveva
appena terminato di partecipare alla ricostruzione dell’aeroporto cittadino
distrutto durante la guerra. L’Italia si stava ancora leccando le ferite
causate dalla fine del secondo conflitto mondiale, e proprio in quell’anno,
grazie alla guida di De Gasperi e ancor di più al Piano Marshall, aveva
iniziato la lenta rinascita. Ma il paese era ancora posseduto dalla crisi
economica, e ad Antonio, come a tanti altri, non restò che emigrare.
“Feci
la domanda per poter entrare in varie nazioni del pianeta: Canada, Argentina,
Australia, Francia, Germania. L’Argentina accolse la mia richiesta nel 1949”.
Antonio fu chiamato a Napoli per sottoporsi ai controlli e alle analisi dei
medici della sua nuova patria. “Superai l’esame, e fu vera gioia perché ero
stato prescelto in una nuova terra. Provai anche tristezza e un po’ di
amarezza, perché lasciavo la mia patria e la mia famiglia. Con la convinzione,
però, che un giorno sarei tornato in Sardegna”.
Juan Peron (da Wikipedia) |
Insieme
ad altri compagni iniziò la nuova avventura imbarcandosi su una nave
statunitense in stile liberty, che ormai veniva utilizzata solo per il
trasporto degli emigrati. Il suo nome, “Santa Fè”, era l’emblema della sua
nuova missione nei mari. La prima terra che Antonio vide dopo le settimane
passate in oceano fu l’isola di Las Palmas. “Era l’8 settembre, e si
festeggiava Maria Vergine. Per noi giovani sembrava aprirsi un nuovo orizzonte”.
Il
12 ottobre, giunse infine a Buenos Aires. Nella grande città, dopo tre giorni
passati a riposarsi, fu assunto da una impresa edile che aveva in appalto la
costruzione di una villa di un farmacista franco-inglese, nel quartiere “De
Olivos”. Questa era una delle zone privilegiate della capitale, che pian piano
era diventata un coacervo di razze ed etnie diverse. La villa del farmacista si
trovava proprio di fronte alla Quinta residenziale, l’abitazione del Presidente
della Nazione.
Tra
mattoni e cemento Antonio, che aveva un passato di cantante, ingannava il tempo
intonando a piena voce le canzoni italiane, per combattere la nostalgia.
Gli
inquilini della casa presidenziale in quel periodo erano i coniugi Peron, Juan
ed Evita. I due amavano fare delle passeggiate in bicicletta, passando spesso di
fronte al cantiere.
“Un
giorno mi sentirono cantare. Arrivati di fronte alla villa si fermarono, e mi
chiamarono. Il Presidente mi chiese chi fossi e da dove venissi. Gli risposi di
essere sardo, italiano. Peron allora domandò: “Conosci il paese che si chiama
Aggius?”. “Conosco Aggius, dissi con emozione”. Il colonnello gli rivelò allora
di avere avuto un nonno di quel paese, che di cognome faceva Perrone. “Per me
era come ritrovare una persona amica con le origini comuni. Il Presidente mi
parlò dell’Italia e del suo essere orgoglioso di avere radici sarde, che gli
trasmettevano antichi valori, forza e tenacia”. Da quel giorno, Juan ed Evita
si fermarono spesso di fronte al cantiere, chiedendo ad Antonio di cantare le
canzoni italiane. “La signora Peron aveva i capelli biondi, era elegante nel
portamento e molto affabile. Il suo ricordo mi affascina ancora oggi e quando
sento le canzoni scritte per lei, i film, i libri che raccontano la sua storia,
mi sembra quasi impossibile che io, piccolo sardo, possa aver allietato con la
mia voce le sue passeggiate”.
Papa Francesco a Bonaria |
Un articolo molto emozionante, la parte della Liguria in cui sono nata e vivo è stata profondamente segnata dall'emigrazione verso le "meriche". Tutte le persone da cui ho ascoltato racconti di traversate oceaniche e di ritorni alla terra d'origine hanno in comune la dolce nostalgia che ho ritrovato qui, nel suo bellissimo articolo. Persone partite a mani vuote, ma piene di una cultura profonda e radicata, capace di portare ricchezza e talento in ogni angolo della Terra. Il ricordo di Peron circa il paese di origine del proprio nonno mi fa pensare a come i valori siano identici ai semi dei pomodori o alle patate, che dalle Americhe arrivarono in Europa e cancellarono malattie e fame. I valori culturali fanno lo stesso, nutrono i popoli, li curano e li salvano. Sempre bellissimo leggere i suoi post, un caro saluto.
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