(Seconda puntata della piccola inchiesta sul mercato nero a Sassari nel 1944).
Dopo la morte di Giuannedda continua l’azione delle forze dell'ordine contro la borsa nera. Il brigadiere Lolli perquisisce “La Mensa del goliardo” in piazza Università. Saltano fuori una botte con 400 litri di vino, due casse piene di scatolette di carne di conserva tipo militare e cinquanta scatolette tipo tedesca, 89 chili di farina bianca contenuti in un sacco di marca tedesca. I titolari del locale sono nei guai, non solo per la borsa nera, ma perché un’ordinanza emanata subito dopo l’8 settembre, imponeva a tutti di denunciare il possesso di materiale appartenuto ai tedeschi e di consegnarlo subito ai comandi militari.
La raffica quasi quotidiana di denunce e ritrovamenti lascia però l’amaro in bocca. La popolazione è stremata dalle rinunce. L’anno era iniziato con i moti del pane guidati dal giovane Enrico Berlinguer e d’estate risulta ancora introvabile l’olio, per non parlare del sapone, delle stoffe e delle scarpe. Il mercato nero restituisce a prezzi esosi quello che potrebbe essere distribuito in modo più economico. Aleggia una spiacevole sensazione, che i manovratori dei traffici rimangano nell’ombra, le ruberie dei disertori nelle campagne rimangano impunite e che la Giustizia colpisca i terminali. Scrive L’Isola, con un tocco di poesia: “Le cosiddette centrali del mercato nero che si sono smascherate e chiuse non sono in realtà che “sorgenti alle quali fanno capo le piccole e medie fontane”.
A uno straniero Sassari si presenterebbe in modo paradossale, con commercianti che hanno i negozi vuoti, che non si lamentano della crisi e – scrive il giornale – “che se ne stanno tranquillamente seduti a leggere il giornale o a chiacchierare con gli amici, proprio come se gli affari andassero a gonfie vele…”. Il quotidiano va oltre e prova a tratteggiare dei ritratti: “Il peggio è che tutti noi, tutti noi cittadini, conosciamo perfettamente quei signori, quasi tutti grassi, ex operai o ex piazzisti o ex uomini d’affari, che costituiscono il direttorio centrale del mercato nero. Sono essi che indossano abiti nuovissimi ed eleganti, che si riservano i palchi nelle sporadiche rappresentazioni a teatro, che furtivamente acquistano qualche uliveto con cauta manovra intestandolo a familiari. Noi li conosciamo tutti costoro, e quando li vediamo contrattare agli angoli delle vie o nei caffè o in piazza d’Italia, ce li additiamo l’uno all’altro. Orbene, contro costoro non c’è nulla da fare?”. Il messaggio è chiaro: le forze dell’ordine puntino ai finanziatori del mercato nero e ricostruiscano l’intera filiera che svuota i locali sulle strade e ingrossa retrobottega e scantinati.
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