mercoledì 19 giugno 2013

Politici Tarzan nella steppa di Platamona

Dall'archivio del Corriere dell'Isola una strepitosa foto di Salvatore Marras


Per esperienza diretta posso dire che raramente ci si annoia ai sopralluoghi effettuati dai consiglieri comunali. Un po’ perché si esce dal Palazzo (con tutte le implicazioni pratiche e metaforiche del caso), un po’ perché l’atmosfera del pulmino municipale stempera le contrapposizioni politiche e l’aspetto umano prevale sul gioco delle parti. Ecco la storia di un sopralluogo al quale avrei voluto tanto partecipare.

Siamo nell’ottobre del 1950, il sindaco Pieroni procede come un treno verso il coronamento del suo grande sogno, la nascita di Sassari marina. È riuscito in una prima impresa, risparmiare 5 milioni dalla costruzione della strada che collega la Carlo Felice con Platamona. Con quella cifra intende comprare un pezzo di pineta e mettere l’ultimo tassello al progetto. Prima di approvare l’acquisto, i consiglieri comunali chiedono di vedere da vicino la distesa di pini, per votare in piena coscienza. Pochi giorni dopo la visita guidata intorno allo stagno, l’avvocato Attilio Fais della Lista bandiera, in polemica con Pieroni, farà in consiglio comunale uno spassoso resoconto di quel sopralluogo. 

«Noi siamo andati avant’ieri in questa pineta: ci siamo inoltrati in una inestricabile boscaglia, in un ginepraio pieno di spine, sento ancora qualche puntura nel fondo dei pantaloni. Ad un certo momento ci siamo smarriti e ci siamo dovuti chiamare come Tarzan e soltanto le omeriche risate dell'amico assessore professor Marras ci hanno fatto da guida per riunirci al resto della comitiva. Io ho voluto avere la precauzione di accompagnarmi col compagno Polano perché è un conoscitore di steppe ed ho scelto anche la compagnia di questo pittoresco amico cronista seduto al tavolo della stampa che è stato in Africa e in India. Con questi due, che di boscaglie se ne intendono, andrei tranquillamente a caccia della tigre».

Peccato che all'epoca in aula consiliare non ci fossero le telecamere.


Ancora "Foto Marras"

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