domenica 8 settembre 2013

Fuga dall'Asinara




Nel giorno in cui La Nuova Sardegna descrive la fuga dei cinghiali dall'Asinara verso l'Isola Piana, ecco il racconto di un tentativo di evasione dalla Cayenna sarda avvenuto giusto settant'anni fa, dopo l'8 settembre. Protagonista un soldato che immagino affascinante e spregiudicato, Giovanni Sepich partigiano slavo recluso nella colonia penale. 
Secondo il sostituto procuratore del Re che ha rappresentato l’accusa nel processo, Sepich fu la mente della rivolta che rischiò di trasformare l’isoletta in un serbatoio di facinorosi pronti a sbarcare nella Sardegna settentrionale. 

Il 26 settembre diciotto reclusi per reati comuni, tutti armati di coltello, aggrediscono gli agenti di custodia, si impossessano delle loro chiavi e li rinchiudono nelle celle. Alcuni ribelli picchiano selvaggiamente le guardie e minacciano gli altri detenuti: seguiteci e abbandoniamo tutti insieme la prigione. 

Secondo il racconto fatto successivamente, nelle ultime settimane il clima era diventato insostenibile: i reclusi lamentavano un trattamento inumano, mangiavano poco e male e sostenevano di venire ripetutamente percossi dagli agenti di custodia. Neanche gli animali vivono in quelle condizioni, dissero. Si era poi sparsa la voce che nel marasma seguito all’armistizio, tutti i prigionieri sarebbero stati liberati per partecipare alla nuova fase della guerra. Sepich fremeva più degli altri: ripeteva di essere in possesso di gravi segreti militari da comunicare al maresciallo Tito. Nessuno lo aveva voluto ascoltare. Le presunte ingiustizie e le prepotenze subite fecero da detonatore.


I rivoltosi non fanno bene i conti e lasciano libera qualche guardia di troppo. Ci vuole poco perché da tutta l’isola arrivino uomini armati. I secondini iniziano a suonare il moschetto: Sepich e gli altri si arrendono in fretta, la speranza è più debole di qualche fucilata verso il cielo. I corpi sfiancati dalla fame non vogliono ingaggiare una battaglia senza prospettive.  I detenuti lasciano le armi e tornano in cella. 

Il processo per i fatti dell’Asinara si celebra a Sassari pochi mesi dopo: lo slavo e gli altri capi della rivolta vengono condannati per evasione aggravata e lesioni personali aggravate continuate. Sepich si becca anche la pena per aver tentato di impossessarsi di una carabina degli agenti di custodia. In tutto sono altri 7 anni e 7 mesi e una multa di 4mila lire. Quando potrà liberare i suoi segreti sarà troppo tardi.




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