domenica 27 gennaio 2013

L'anno delle Ombre: 1 - Omicidio a S.Maria



(Divorando le annate giornalistiche tra il 1943 e il 1945 sono incappato in una vicenda che ignoravo e che mi ha incuriosito molto. Ho potuto ricostruirla anche grazie al materiale trovato in soffitta. La propongo a puntate, come sequenza di suggestioni e senza alcuna pretesa di ricerca storica)


E’ il 10 dicembre 1943. All’ora del tramonto quattro uomini s’incontrano all’ingresso di un orto vicino a Santa Maria. Portano i fucili ma non intendono usarli. Mario Pinna ha 32 anni, con lui ci sono il fratello Francesco e gli amici Giovanni Casu e Antonio Carlotti. Curano a mezzadria un terreno del Dopolavoro ferroviario e sono pronti ad affrontare al freddo una delle notti più lunghe dell’anno. Da alcuni giorni qualcuno spoglia i loro alberi di arance: va bene la guerra, va bene la fame, ma la beneficenza deve finire. Se il ladruncolo si presenterà all’appuntamento notturno, spareranno un colpo in aria giusto per ricordare che in questo anomalo Quarantatrè almeno la vecchia legge del più forte non è stata abrogata.
Con il tramonto è scattato l’oscuramento, Sassari si è nascosta, fra un po’ bisognerà guardare con le orecchie. Prima di arrivare al cancello dell’orto i quattro uomini prendono le misure a un militare armato che gironzola vicino ai binari della ferrovia.
Inizia la guardia. I fratelli si dividono: Mario va con Antonio Carlotti, Francesco con Giovanni Casu. I primi due aspettano in mezzo al campo, gli altri girano come in ronda, almeno i piedi non si congelano. C’è molto umido. Verso le 10 Mario Pinna sente un rumore di rami spezzati.
I due uomini puntano un’ombra nel buio a una dozzina di metri. Stringono i fucili ma non fanno in tempo a puntarli verso il cielo. Lo sconosciuto, armato anche lui, non si perde in ragionamenti, non aspetta l’inizio della schermaglia. Prende il fucile e lo punta verso Mario Pinna. Preme il grilletto. Il giovane non ha altri attimi a disposizione: giusto il tempo di sentire un forte bruciore in mezzo al petto che è già un cadavere che cade. Lo sparo stordisce Carlotti: vede l’amico crollare, pasticcia con il fucile, perde tempo prezioso. La seconda fucilata lo trapassa nella coscia. Carlotti si rotola in terra e grida. Lo sconosciuto si appiattisce e aspetta, gli altri due mezzadri sono lontani, i loro passi affannati arrivano distanti dal confine del predio. Lo sconosciuto allora si alza e si allontana senza correre.
Arriva Francesco Pinna, si dispera alla vista del fratello morto. Giovanni Casu corre verso Santa Maria, si incarica di chiamare aiuto, cerca i carabinieri e il medico per Carlotti che continua a perdere sangue e si dimena nella terra bagnata. Giungono quattro carabinieri, due caricano Carlotti e lo portano all’ospedale civile. Il maresciallo Cosio, che comanda la stazione dell’Arma, e il brigadiere Lolli sono imbarazzati ma risoluti: nessuno può toccare o spostare il corpo di Mario Pinna finché non arriva il giudice istruttore, e il giudice istruttore non si muoverà certo a quest’ora della notte. Ci dispiace. L’uomo di legge arriva di buon mattino quando il sole ha già spianato le ombre spaventose di quella notte. Poi va all’ospedale e interroga Carlotti, che se la caverà con venti giorni di cure. Il guardiano ferito ricorda l’essenziale di quello sconosciuto: forse è lo stesso che al tramonto ciondolava sui binari. Di sicuro era uno che indossava un cappotto militare.
Ma è un dettaglio che di questi tempi appare insignificante. (1- continua)

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