giovedì 24 gennaio 2013

Non aprite quella porta



Se passate in vicolo del Campanile provate a visualizzare questa scena. Siamo nell'ottobre del 1929 e la viuzza è teatro di un fatto di cronaca perfetto per inaugurare questo blog. Subito dopopranzo un ragazzino si aggira per i vicoli deserti alla ricerca di amichetti. Abita in piazza del Comune e appena arrivato nel budello dietro a San Nicola sente l'insopprimibile bisogno di alleggerire la vescica. Nel raccontare, divertito, quanto sta per accadere, il cronista del quotidiano sassarese L'Isola precisa che a pochi passi davanti a Palazzo Ducale è pure disponibile un grande vespasiano (e mi piacerebbe sapere dove fosse ubicato). Il bambino non resiste, si arresta di fronte al civico numero 1, si abbassa i pantaloni e si libera dal peso centrando con uno zampillo impeccabile una porta socchiusa. E’ l’ingresso di un magazzino abitato da una famigliola. La fontanella salmastra viene notata dal piccolo Salvatore, di 9 anni, che lancia l’allarme e richiama la madre Gavina, di 23. La donna fa quello che farebbe ciascuno di noi se un piccolo condomino imbrattasse il nostro portoncino blindato: prende Gesuino per il bavero e apostrofandolo lo conduce dalla madre Antonietta. L’episodio si potrebbe  concludere con una bella sgridata e tante scuse ma è ora che la notizia fa un salto di qualità. La mamma dell’incontinente prende risolutamente le difese del figlio e rilancia accusando Salvatore di aver fatto la spia. Che male c’è a urinare sul portone di una casa? E che sarà mai? Avrei voluto assistere al montare della tempesta. Le due danno fondo al galateo tutto sassarese di insulti, bestemmie e maledizioni, prima di mettersi le mani addosso, graffiarsi e rotolarsi per terra. Le comari e i ragazzini del vicinato accorrono in massa, ma nessuno si intromette. Da Palazzo Ducale esce il signor Battista Peppino, chauffeur municipale, che con pazienza separa le donne, le riveste e mette fine alla rissa. L’uomo è conosciuto per la sua bontà d’animo e me lo immagino mentre si stringe la testa tra le spalle, imbarazzato. Lo spettacolo è finito, ma tanto da queste parti sono abituati alle repliche. (Fonte: L’Isola)

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