venerdì 17 maggio 2013

Cavalcata sarda, Sassari debutta in società




Con l’entusiasmo dei bambini ammessi al tavolo dei grandi, con l’ansia della prima volta a cena dai suoceri. Sassari fece il suo debutto in società nell’aprile del 1899: a quasi quarant'anni dall’unità d’Italia, il capoluogo si sentì pronto a indossare l’abito buono per presentarsi ai connazionali oltremare. Preparò un bel monumento al padre della patria Vittorio Emanuele II e per inaugurarlo invitò il re Umberto e la regina Margherita, consapevoli che sulla scia dei reali sarebbero arrivati gli unici in grado di consacrare il debutto: i cronisti. Per rendere la visita più spettacolare, i sassaresi rispolverarono una vecchia usanza in voga con i sovrani spagnoli, quella di salutare le autorità con una lunga sfilata di cavalieri e indigeni in costume. E per assistere a questa processione a cavallo, insieme ai giornalisti giunsero anche due eccentrici fratelli francesi che pare facessero muovere le fotografie, Auguste e Louis Lumière. Per l'epoca il massimo della visibilità.

Immaginiamo lo stato d'animo con cui i nostri antenati attesero la pubblicazione del numero della Tribuna illustrata della domenica dedicato all’evento. Non rimasero delusi: sontuosa la copertina a colori e lusinghiera la descrizione della città. I continentali erano rimasti stupiti dal quartiere moderno sorto intorno a piazza d’Italia: «La parte nuova è bellissima, si direbbe di trovarsi in una città ligure o toscana». L’altro lato della medaglia: «Ma vi è la parte vecchia che dovrebbe essere sventrata».

Voto buono anche in condotta: «Sassari è squisitamente ospitale e politicamente educata. Vi è un largo spirito di tolleranza che rende libere e indisturbate tutte le manifestazioni». E poi: «La vita cittadina è abbastanza animata. Vi sono comodi alberghi e caffè, negozi eleganti e ben forniti». Infine, il giudizio sul padrone di casa il sindaco Gaetano Mariotti: «Ingegno versatile, volentieri, fra un discorso sull’arbitrato e una pratica sindacale, ritrae sulla tela una bella testa di donna. È un vero uomo moderno, senza pedanteria, senza odi».

La debuttante aveva passato l’esame. 

Palazzo della Provincia, il letto della regina visto dalla piccola fotografa di casa

1 commento:

  1. Mi chiedo cosa avrei capito solo un anno fa, se avessi letto allora questo bellissimo scritto. La mia visione continentale e incolta della sua splendida Isola avrebbe di certo dato la più coerente espressione di sé. Allora non sapevo niente di Sassari e la Cavalcata sarda era per me la massima espressione culturale di questa città. Nemmeno la mia fortissima antipatia verso i savoia sarebbe servita a farmi notare il tono spocchioso dell'articolo: vi si decanta l'omologazione, l'adeguamento a norme civili istituite da cotanta società ignobile, zoticona, già perfettamente "italiana", e piccola. Ora invece leggendo questo suo articolo, scorrendo le atroci panzane degli "osservatori nazionali" del tempo, vedo perfettamente l'assurdo controsenso, sento lo stridente contrasto fra la grassa ignoranza e la Cultura; immagino signore ondeggianti su tacchi a rocchetto voltare le spalle alla piana del Castello decretando l'invisibilità di un patrimonio prezioso che paradossalmente solo la seconda guerra sottrasse all'oblio perenne. Immagino eleganti signori dalle code svolazzanti sorridere benevoli alle più elevate personalità sassaresi come si fa con i bambini, quando cercano un riconoscimento ad un compito eseguito per bene. Eppure, da cittadina del mondo che sa di possedere suo malgrado imprinting marcati di continentalità, credo che sia stata proprio la nostra ignoranza a salvare le testimonianze storiche e culturali della Sardegna. Sassari, ad esempio, vista da qui adesso è una città davvero simile alle tante sparse sui colli toscani, città d'arte, città in cui la storia ha lasciato eredità indelebili. Però a differenza di Siena, di San Gimignano, di Firenze stessa, che hanno fatto e fanno dei loro periodi storici più illuminati la loro economia, Sassari ha saputo fare qualcosa che in Italia non ha precedenti: ha reso la propria storia organica, vera, semplicemente inglobandola nel vivere quotidiano. Così tanto che quasi l'ha data per scontata, ma non l'ha mai distrutta né dimenticata, malgrado il paziente lavoro di educazione all'autolesionismo svolto negli ultimi secoli dai governi stranieri. Per me che posso solo scoprirla e ammirarla "da fuori", Sassari è descritta molto bene dal cartello giallo che spicca, sebbene minuto e quasi esile, all'inizio di via Canopolo, all'angolo con la Platha: indica che poco più dentro via Canopolo c'è una casa in stile gotico catalano. Una casa. In una via che è la stessa da secoli e cui si arriva da una strada larga che percorre la città come una spina dorsale, o come il passaggio centrale di un castello molto antico, più grande di quello Aragonese. Milioni di passi hanno percorso la Platha e svoltato verso la casa gotico - catalana, e ancora lo fanno. Non ci sono biglietterie alle porte della città, che ancora sono visibili in aperture che non potranno mai essere chiuse, non ci sono custodi, se non i sassaresi stessi, che non ti dicono cosa c'è nelle sale di questo castello gigantesco, ma ti invitano ad entrare, a cercare, a scorgere e capire. Tratto culturale troppo sottile, troppo raffinato per la corte di un nano sopra un piedistallo.
    Perdoni la passione.
    Un saluto

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